Cresce l’interesse di cittadini e imprese verso le comunità energetiche

                                                                  Caro energia, crisi alimentare, inflazione alle stelle: la soluzione è l’autosufficienza.Non solo vittime innocenti, il lascito dei primi 100 giorni di guerra in Ucraina è pesante anche londownload 2tano dall’epicentro degli scontri. L’Italia, insieme all’Europa, combatte infatti da mesi contro le pesanti conseguenze economiche e sociali che il perdurare del conflitto non fa che alimentare, giorno dopo giorno.  La crisi energetica in atto è una tassa da pagare molto salata per il nostro Paese, che ha messo in moto in questi mesi diverse strategie per iniziare a ridurre la dipendenza dalle materie prime russe (non potendola eliminare del tutto) e rendersi quanto più autonoma possibile dal punto di vista energetico.

 Il Governo è intervenuto anche con misure specifiche e immediate contro il caro-bolletta, a vantaggio di cittadini e imprese, ben consapevole che la strada per la tanto sbandierata autosufficienza energetica è però ancora molto lunga e necessita di strategie di più lungo periodo che siano efficaci.

I COSTI DELLA GUERRA

L’aumento dei costi delle materie prime, soprattutto in campo energetico, ha portato ad un’inflazione record per il nostro Paese nell’ultimo mese: +6,9% su base annua, addirittura l’8% nell’Eurozona. Aumenti esponenziali dei prezzi dei beni che hanno colpito anche settori vitali come quello alimentare. In questo contesto, il blocco delle esportazioni ucraine di cereali via mare imposto dall’invasore russo ha portato ad una crisi di approvvigionamento alimentare che sta colpendo non solo l’Europa (l’Ucraina è uno dei maggiori Paesi esportatori di grano al mondo), mettendo a rischio la sicurezza alimentare di diversi Paesi.L’Italia si è allineata con la UE per far revocare il blocco dei porti ucraini sul Mar Nero e consentire così le esportazioni di cibo, accelerando anche il lavoro sui corridoi di solidarietà. Allo stesso tempo, ha approvato insieme agli altri Stati membri l’accordo sull’embargo del petrolio russo via mare. Un nuovo pacchetto di sanzioni che sarà dilazionato nel tempo, con l’obiettivo di ridurre, almeno in questo settore, la dipendenza occidentale dalle forniture di greggio russo. Una mossa “politica” che, per quanto giustificata, nel breve periodo potrebbe portare però a nuovi rincari energetici.

 IL DECRETO TAGLIA PREZZI

Il sistema economico italiano è dunque alle prese con le tante variabili che il conflitto russo-ucraino si porta dietro. I temi dibattuti nei palazzi governativi sono sempre gli stessi da mesi: rispondere al caro energia con provvedimenti immediati a favore di famiglie e imprese; ottimizzare e adattare il mercato energetico per prepararsi in caso di interruzioni delle forniture russe; adottare strategie di medio-lungo periodo che incentivino l’utilizzo di risorse interne (soprattutto le fonti rinnovabili) e semplifichino gli iter per avvicinarsi, per quanto possibile, alla tanto decantata indipendenza energetica.Nell’ambito delle misure urgenti messe in atto per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina,il 19 maggio scorso ha terminato l’iter di conversione in legge il Decreto Taglia Prezzi (o Ucraina bis), già approvato in CdM lo scorso marzo. Un Decreto da 4,4 miliardi di dotazione finanziaria che introduce provvedimenti importanti con l’obiettivo di difendere il potere di acquisto delle famiglie e preservare il tessuto imprenditoriale e industriale, considerando la situazione di eccezionalità in cui versa oggi il nostro Paese.Le misure trattano importanti capisaldi economico-sociali e intervengono nell’immediato per aiutare i cittadini a contenere i prezzi di energia, gas e carburanti (taglio delle accise, rateizzazione bollette, allargamento bonus sociali) e le imprese a mantenere competitiva la propria produttività (crediti d’imposta, integrazioni salariali).A tutela delle aziende vengono garantiti rilevanti contributi. I crediti d’imposta vengono infatti resi fruibili anche dalle imprese che non rientrano nelle consuete definizioni di ‘energivore’ e ‘gasivore’. Nello specifico, per le imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, che hanno subito un aumento dei costi di oltre il 30% rispetto al secondo trimestre del 2019, è previsto un credito d’imposta per l’acquisto della componente energetica pari al 12%. Valore che sale al 20% per le imprese a consumo di gas naturale.Il Decreto, inoltre, sancisce l’aumento dei crediti a favore delle imprese energivore (dal 20% al 25%) e gasivore (dal 15% al 20%) già previsti nel Decreto Energia da poco diventato legge.In evidenza anche gli aiuti per il settore agricolo. Oltre all’elargizione di contributi, sempre sotto forma di crediti d’imposta, per l’acquisto di carburante per l’attività agricola (20% della spesa sostenuta nel primo trimestre 2022), viene anche concessa la possibilità di incrementare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, il biogas, oltre la potenza nominale dell’impianto già in uso (fino al 20% in più).

 IL FUTURO E' NELLE RINNOVABILI

Nel Decreto non mancano nuove misure volte alla semplificazione degli iter per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, uno degli snodi centrali per intensificare la transizione green del nostro Paese.Lo sviluppo delle fonti rinnovabili è un tema molto dibattuto (lo è da sempre, ma ancora di più oggi con la crisi energetica in atto) e da più parti si chiede di accelerare i tempi delle strategie di sviluppo per avere risultati concreti nel breve periodo. E se da una parte vengono monitorati i progetti di più ampio raggio (come, ad esempio, la nascita di nuovi impianti eolici in Puglia), dall’altra si guarda ai risparmi energetici che provengono da operazioni più “dal basso”. Dall’autoconsumo degli edifici pubblici e privati, allo sviluppo delle cosiddette Comunità energetiche, strumenti che utilizzano fonti rinnovabili quanto mai utili per rafforzare i risparmi e “fare rete” in una fase storica delicata per il nostro Paese. I progetti non mancano. Servono incentivi e maggiori semplificazioni delle procedure. La transizione completa verso le rinnovabili passa inderogabilmente da qui.  

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